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Da Portopalo a Capo Nord su un velocipede Ottocentesco

Partito dall’ultima spiaggia della Sicilia fino a Capo Nord in 78 tappe, distribuite in 3 mesi e mezzo, pieni zeppi di imprevisti

Potrebbe essere l’impresa cicloturistica dell’anno: il primo biciclo della storia ad arrivare a Capo Nord dopo 6.700 km di pedalata, con 47.000 metri di dislivello. Partito dall’ultima spiaggia della Sicilia fino a Capo Nord in 78 tappe, distribuite in 3 mesi e mezzo, pieni zeppi di imprevisti. Tutto senza sponsor e in sella a una replica di un biciclo degli anni 1870-1890. L’ha compiuta Massimo Zaffari, classe 1973, Maresciallo dei Carabinieri di stanza al 7° Reggimento “Trentino Alto Adige”

L’itinerario: Portopalo di Capo Passero, Siracusa, la costa tirrenica della Calabria, Salerno, Napoli, Latina, Roma, Viterbo, Orvieto, Firenze, Prato, Bologna, Ferrara, Padova, Bolzano, Innsbruck, Monaco, Regensburg, Repubblica Ceca, Lipsia, Berlino, Lubecca, penisola dello Jutland in Danimarca, e poi in Svezia da Göteborg a Ostersund, ad Arieplog lungo la selvaggia strada mediana centrale, e infine in Norvegia attraverso le splendide isole Lofoten e Senja e i fiordi dopo Tromso.

“Anche se mi sono allenato per 5 anni tra il ghiaccio e le nevi delle Dolomiti e questo è stato il mio 4° tentativo, devo dire che non sono mai partito con l’idea di realizzare un’impresa atletica. Per me lo sport non è vincere gare, ma cavalcare emozioni, inseguire sogni, vivere magie, magari dentro un grande Viaggio – racconta – Certo, volevo anche mettere alla prova i miei limiti fisici, ma quello che volevo veramente era riscoprire quel desiderio di restare stupito da me stesso. Per questo, mi sembrava che l’uso di un mezzo bellissimo e originale fosse una buona garanzia; mi sembrava che un mezzo tanto assurdo quanto affascinante fosse degno di una delle mete più belle d’Europa. E così a fine febbraio sono partito col mio velocipede, “La Penny”, per unire i due estremi sud e nord di questo continente, nella mia personale “Europe: coast to coast”. Così non solo ho visto paesaggi e città di una bellezza mozzafiato, ma grazie alle proprietà magnetiche e ipnotiche della mia Penny, ho potuto anche incontrare tante persone e capire se, e come, cambiano le caratteristiche degli europei (peraltro meno di quello che mi aspettavo). Sono proprio le persone che fanno la differenza tra un grande viaggio e il semplice itinerario. Per arrivare a questo, bisognava entrare nelle case delle persone, per una colazione, uno spuntino, o addirittura una notte intera. A tavola si possono capire tante cose di una cultura diversa dalla tua. Ho fatto di tutto per vivere un viaggio incentrato sull’incontro di nuove persone. E il successo mi è stato servito su un piatto d’argento nel momento in cui, un mese prima della partenza, ho visto volatilizzarsi il mio gruzzoletto di 5000 Euro, accumulato in anni. E così sono partito con 16,47 Euro, una somma talmente ridicola che mi ha obbligato a cercare il contatto umano per ricevere aiuto e ospitalità. La Sicilia e il Sud dell’Italia sono stati una buona palestra per imparare a trattare (ospitalità per amicizia). Inoltre, lì avevo le spalle coperte, grazie all’aiuto di amici e colleghi come Sandro Contarino, Beppe Contartese, Marco Apolloni, Stefano Gabrielli, Pasquale di Orvieto, Fabio Del Tessandoro, Lorenzo Mondo. Ma per strada ho incontrato sconosciuti come Pio Perruzzini e Alessandra Croci, che mi hanno accolto come uno di famiglia, facendomi dormire a casa loro. Sono decine le persone, che mi hanno aiutato, anche in Europa, e posso affermare che la mia non sia stata la fatica di una sola persona, ma il risultato di un’opera collettiva: dalla mia famiglia che mi ha sostenuto, ai colleghi che mi hanno sostituito al lavoro, a tutti coloro che mi hanno dato un tetto, un piatto, un massaggio, un aiuto meccanico, o anche un semplice sorriso. Mi piace pensare di essere stato per qualcuno l’attuazione di quel progetto che non si è mai potuto provare: il vettore di una speranza, di un’idea. Ho viaggiato con un’attitudine quanto più divertita e ottimista possibile, nonostante le varie rotture meccaniche (8 raggi, e 4 cuscinetti, la cui sostituzione è stata possibile grazie alle persone incontrate sulla strada) e nonostante gli acciacchi alla gamba destra che mi hanno portato a incontrare un totale di 20 fisioterapisti, 2 olistici, 2 massaggiatori e 1 santone. Ho applicato anche un bel po’ di improvvisazione, come per esempio l’itinerario che, in linea col mio spirito pioneristico, ho cambiato più volte (come quella volta che ho aggiunto 400 km e 6000 mt di dislivello, deviando dalla Svezia verso le magnifiche isole norvegesi Lofoten e Senja); o come il piano di rientro (che non c’è mai stato, poiché speravo in un ritorno in autostop su un camper di italiani). Ho combattuto contro la mia ancestrale paura di animali come lupi, orsi, alci e persino i ghiottoni (ghiotti di cosa?, mi son chiesto per tutti i 1500 km della Svezia). Tra questi, per fortuna, ho incontrato solo 2 imponenti alci; ma anche renne, castori, volpi, aquile e addirittura 2 balene. Ma la soddisfazione di aver realizzato un sogno che avevo fin da quando ero un bambino che fissava carte geografiche appese al muro, va di pari passo con il ricordo di tutte quelle persone piene di sentimenti ed emozioni che ancora mi porto nel cuore. Con il racconto della mia avventura, spero tanto di essere riuscito a ispirare qualcuno a osare, a uscire dalla routine, a mettersi in gioco per provare a superare i propri limiti. La cosa più importante è continuare a rimanere stupiti di sé stessi. Credo che la meraviglia sia la migliore arma contro la depressione”.


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